Il capitano del Napoli Marek Hamsik ha rilasciato una lunga intervista a Repubblica. Ecco alcuni stralci. «Siamo andati spesso vicinissimi alla... grande impresa, purtroppo abbiamo sempre trovato una o due squadre più forti della nostra. Quest'anno la lotta è serrata e noi siamo lì. Speriamo. Ma la favorita resta la Juve».
Il record di Diego. «Non me ne frega del gol perduto: prima segnavo di più e la mia squadra non vinceva, ora sta accadendo il contrario e sono il giocatore più felice del mondo. Il record di Maradona non mi assilla. La mia missione sarà compiuta solo con la vittoria dello scudetto. Deve essere quello il punto di arrivo della mia lunga storia con il Napoli. Poi potrò voltare pagina e dedicare un pò più di tempo alla mia scuola calcio, che ho già inaugurato in Slovacchia. Ho decido di insegnare ai bambini come si diventa un calciatore, quando smetterò col pallone».
«Mi guardo dietro e sono orgoglioso di quel che ho fatto. Non è da tutti legarsi a vita alla stessa squadra, specie nel calcio moderno. Nel mio caso è stato semplice: sentivo che Napoli era il posto giusto per me e ho voluto che lo diventasse a tempo indeterminato. Mai, non ho scelte da rinnegare, sto facendo la carriera che desideravo e che mi sono costruito. A petto in fuori. L’azzurro è stato il colore dallo Slovan di Bratislava, la mia prima squadra, della Nazionale slovacca e anche del Napoli. Era destino».
Il ricordo più bello e più brutto. «Il più bello è la prima Coppa Italia, erano tantissimi anni che i tifosi stavano aspettando una vittoria del Napoli. Il più brutto è la notte dell’Olimpico, con la tragedia di Ciro Esposito. Andammo in campo e vincemmo per lui, ma senza un sorriso. Nessuno di noi aveva voglia di festeggiare, mi è rimasta dentro l’atmosfera lugubre vissuta all’interno dello stadio».
La leadership. «Secondo me si può esser leader in molti modi e io ci provo dando l’esempio ai miei compagni, in campo e fuori. Ci pensa Sarri a sbattere i pugni sul tavolo, nel nostro spogliatoio».