Sarri e Guardiola sono sullo stesso piano come idee di gioco: sfruttano il pressing, fanno possesso, puntano sull'organizzazione meticolosa. Ma così come Ancelotti ha cambiato il Bayern di Guardiola, adesso proverà a cambiare il Napoli.
Seppe cambiare lo squadrone bavarese lentamente, senza stravolgerlo.
Tutto fa pensare che proverà lo stesso approccio anche col Napoli, graduale e per fasi.
La fase 1
Cambiare senza fretta. E soprattutto ripartendo dal modulo del predecessore (4-3-3), rivedendone i principi di gioco.
Così si muoverà Ancelotti al Napoli, come fece a Monaco...
Possiamo fare qualche ipotesi, partendo da cosa ci ha insegnato la sua storia.
A Monaco diede subito l'addio al pressing asfissiante e a tutto campo. Attenzione: il Bayern pressava tantissimo e in modo feroce, ma solo quando lo ordinava Ancelotti. Altrimenti la prima preoccupazione era proteggere meglio la propria metà -campo, senza darsi urgenza di riconquistare il pallone immediatamente.
Una squadra sorniona, ma capace di asfissiare l'avversario quando occorre.
L'altro cambiamento è l'addio progressivo ai fondamenti del gioco di posizione, senza però rinunciare al lungo possesso palla. Ma fatto in modo diverso... Niente Tiki Taka stucchevole, ma un fraseggio combinato ai continui movimenti dei giocatori per aprire gli spazi e poi aggredirli con rapide incursioni.
Tutto questo per avvicinarsi alla mutazione definitiva... il 4-2-3-1 o il 4-3-2-1.
Il passaggio al 4-2-3-1
Dopo qualche mese sulla panchina bavarese, Ancelotti operò l'ultima virata: il modulo. Passò infatti al 4-2-3-1.
I terzini si allargano e diventano altissimi, quasi delle vere e proprie ali (ma a seconda dell'avversario uno dei due può essere più bloccato). Per far capire quanto spingano, in un Psg-Bayern di Champions il terzino Kimmich, da solo, provò addirittura 20 cross (sui 53 totali dei bavaresi!).
Gli esterni veri e propri (Robben, Ribery e Douglas Costa) invece hanno molta licenza di accentrarsi e stare a ridosso della punta centrale. E dare lo strappo se lanciati in campo aperto.
L'altro centrocampista (Muller o Vidal) è invece quello con licenza di muoversi tra le linee ed attaccare lo spazio, finanche attaccare l'area avversaria.
In questo tipo di gioco l'uomo chiave diventa il trequartista (Thiago Alcantara), perché è quello che svaria liberamente per tutta la metà campo avversaria, sa ripulire il possesso e moltiplicare le connessioni con i compagni: va largo a destra, va largo a sinistra, va in mezzo, arretra, avanza. E' libero di far quello che vuole, purché serva alla squadra.
Deve quindi assolutamente avere la capacità di leggere il gioco e sapere quando cambiare ritmo all'azione (e quindi deve essere rapido) e quando aspettare (e palleggiare). E' in assoluto l'uomo che più di tutti si deve mettere al servizio della squadra.
Se gli spazi sono intasati va a prendersi la palla a metà campo e poi sale, se invece l'azione si sviluppa sugli esterni va a dare supporto agli esterni o alle frequenti sovrapposizioni dei terzini, diventando un'opzione semplice di passaggio.
Non è un caso se Ancelotti dovette fare un paio di tentativi (il primo con Muller andò male) prima di trovare l'uomo giusto (Thiago).
Chi assumerebbe questo ruolo nel Napoli? Questa potrebbe essere la vera sfida di Ancelotti.
Dopo aver portato Pirlo dal ruolo di trequartista a quello di regista davanti alla difesa, dopo avere reinventato Di Maria come mezzala e dopo aver portato Thiago ad essere il fulcro del Bayern, è pronto a una nuova mossa geniale?
L'altenativa: 4-3-2-1
Il 4-2-3-1 è solo un'ipotesi possibile. Forse neppure la più concreta. C'è infatti una ulteriore possibilità all'orizzonte nel caso in cui Ancelotti ritenesse di non avere gli interpreti giusti per il 4-2-3-1.
L'alternativa sarà il 4-3-2-1 (l'albero di Natale).
Quello con cui portò il Milan alla conquista della Champions (Ancelotti fu il primo a vincere la coppa dalle grandi orecchie senza aver vinto lo Scudetto l'anno prima, e partì addirittura dai preliminari!).
Rispetto a quanto visto con Sarri, i terzini cambierebbero meno il loro modo di giocare. Anche in questo caso si spingerebbero molto stando anche larghissimi sulle fasce, ma non al punto da trasformarsi in vere e proprie ali offensive. In generale le fasce vengono sfruttate di meno (e arrivano meno cross) e soprattutto vengono sfruttate allo scopo di allargare il gioco per aprire gli spazi in mezzo. E' infatti per vie centrali che si cerca di sfondare. E soprattutto si punta molto sul fraseggio fitto e a breve distanza (caratteristica già in uso con Sarri), combinato col movimento continuo delle due mezzepunte.
Le mezzepunte (nel Milan sono state Rui Costa, Seedorf, Rivaldo e Kakà ) devono muoversi e dialogare con centrocampisti e terzini per aprire gradualmente gli spazi e favorire gli inserimenti. I loro tagli verso l'esterno hanno il duplice obiettivo di portare fuori posizione un marcatore (allargando le maglie difensive) o creare la parità /superiorità numerica assieme al terzino.
Ma le due mezzepunte hanno anche il compito di provarci loro stessi, magari sfruttando l'uno due con la punta centrale. Come detto, quello di Ancelotti non è un calcio che presenta rigidità in fase offensiva, anzi delega molte libertà alle qualità e alle letture dei singoli. Libera il talento.
Inoltre i due centrocampisti (nel Milan erano Gattuso e Ambrosini/Seedorf) rientrano per dare una mano, specialmente nei raddoppi sulle fasce. Per questo motivo occorrono giocatori di corsa e quantità (Allan in tal senso è perfetto, il Gattuso azzurro). Hanno sia il compito di rientrare e raddoppiare con i difensori in fase difensiva, senza però rinunciare a spingere e inserirsi in fase offensiva.
Se nel 4-2-3-1 il trequartista è l'uomo cruciale, nel 4-3-2-1 sono i due mediani e il regista ad esserlo. Quest'ultimo deve avere piedi ottimi e un'intelligenza sublime nel leggere la partita. A lui inoltre è richiesto il minor sforzo possibile in termini di corsa, proprio perché deve essere sempre lucido nel dettare il passaggio profondo.
E se il regista (Pirlo) viene schermato? Ancelotti aveva due contromosse. L'impostazione dell’azione veniva infatti affidata ad un altro mediano (spesso Ambrosini) oppure ai centrali difensivi Maldini e Nesta. Il Milan fu infatti una delle poche squadre in Italia nel “pre-guardiolismo†a costruire dal basso. Caratteristica che il Napoli di Sarri già ha.
...si cambia, anche col 4-4-2 e 4-3-1-2
Stiamo facendo solo ipotesi, partendo da quanto ci ha insegnato il passato. Non è detto però che Ancelotti sceglierà uno di questi moduli. Ma quel che è sicuro è che porterà una caratteristica che segnerà un netto cambio di rotta rispetto ai suoi predecessori Sarri, Benitez e Mazzarri. Cambierà spesso modulo.
Ancelotti ha una base che adotta quasi sempre, ma se occorre cambia e lo fa anche in partite importanti.
Il Milan (come il Bayern) è passato sovente al 4-4-2 (con una delle mezzali che si abbassa a centrocampo e uno dei mediani che si allarga) quando il centrocampo avversario era folto, così come ha adottato il 4-3-1-2 (se la giocò così a Torino contro la Juve nel 2004, vincendo il match scudetto 1-3 con doppietta di Seedorf e gol di Shevchenko).
Gli altri punti di forza
Ancelotti fa parte di quella schiera di allenatori che hanno fatto scuola da Sacchi, ma che poi hanno saputo cambiare e migliorare volta dopo volta, abbandonando gli eccessi dell'iper-organizzazione, puntando sull’esaltazione del patrimonio tecnico disponibile e soprattutto sul rapporto umano con i suoi giocatori.
«Non ho mai avuto un allenatore come lui. Ho avuto grandi allenatori, ma mai uno che avesse tali rapporti con i suoi giocatori», disse Zlatan Ibrahimovic.
«Ancelotti è stato fantastico, come allenatore e come persona. Mi ha aiutato tanto ad ottenere quello che sognavo. Come persona è leale, incredibilmente leale», ha detto Ronaldo CR7.
Scusate se è poco...
Il giochino
Fatta questa panoramica, concludiamo proponendo un giochino. Immaginate il Napoli con il 4-2-3-1 o con il 4-3-2-1. Adesso che sapete quali caratteristiche cerca Ancelotti nei suoi giocatori, capirete anche in quali ruoli il Napoli potrebbe ancora muoversi sul mercato.
di Stefano Mastro